Anno 2950 della Terza Era
Hargrim sedeva sulla poltrona di legno. Le dita ancora incrostate di sangue secco e terra, stringevano saldamente i braccioli, le nocche sbiancate e tese. Non aveva detto una parola dalla mattina.
Era stato portato dinanzi al Re subito dopo gli avvenimenti nella zona mineraria Ovest e poi trascinato, con la testa ancora appesantita dalla nebbia della battaglia, dal maestro che lo stava tatuando come da tradizione della sua famiglia.
Le bacchette del tatuatore si muovevano veloci sulla fronte del nano. Piccole gocce di sangue e inchiostro si mescolavano a quelle di sudore correndo veloci fino al pavimento di pietra. Il giovane nano non sentiva dolore, o comunque non dava il benché minimo segno di percepirlo. Si limitava a rimanere seduto fissando l’arazzo appeso nella bottega. Il panneggio raffigurava la caduta di Smaug. La micidiale freccia nera, scagliata da Bard quasi dieci anni prima, era conficcata nel ventre del drago, intorno, una cornice di rune, completava l’opera. Erebor era rinata da allora, migliaia di nani erano tornati alla Montagna Solitaria per riportarla all’antico splendore.
Hargrim era uno di questi nani. Lui e il padre, Gharim Mandimartello, si trasferirono dai colli ferrosi per aprire una bottega a Erebor. Gharim era un fabbro di grande esperienza che, dopo avere perso in gioventù una mano durante un’incursione degli orchi, si forgiò un martello che si adattasse al moncherino.
La vita non era facile, l’antico popolo di Durin non era l’unico a voler reclamare gli antichi saloni di Erebor. I Goblin sapevano che il Drago era morto ed erano risoluti nel voler riconquistare le vaste sale di pietra così come avevano fatto a Khazad-Dum. Le incursioni erano incessanti, i Nani chiudevano una galleria e nel frattempo, dalla parte opposta, se ne apriva un’altra traboccante di feccia orchesca.
Forse era quello il destino dei figli di Aulë, combattere fino alla fine dei loro giorni su Arda nel tentativo di riconquistare ciò che un tempo possedevano e che ora era perduto.
Fu in questo periodo di profonda necessità che Hargrim venne scelto per diventare guerriero, era molto alto per la sua gente e,nonostante la giovane età di quarantotto anni, venne deciso che le sue mani erano più adatte a impugnare un martello da guerra piuttosto che uno da fabbro. E gli orchi furono la sua incudine.
Con rabbia e ostinazione per due inverni scacciò gli orchi dalla montagna insieme alla sua truppa, senza incontrare troppe difficoltà. Fino alla mattina di quel giorno di metà primavera.